Ricorso per questione di legittimita' costituzionale proposto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, giusta delibere della Giunta regionale 15 dicembre 2000, n. 3892 e 21 dicembre 2000, n. 3998, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto, dagli avv. prof. Mario Bertolissi di Padova e Luigi Manzi di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via F. Confalonieri n. 5, contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente "pro tempore" del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura generale dello Stato, per la declaratoria di illeggittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1 e 2, comma 2 e 3 del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 346 (recante "Interventi urgenti in materia di ammortizzatori sociali, di previdenza, di lavori socialmente utili e di formazione continua"), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 27 novembre 2000, avente ad oggetto "Disposizioni in materia di lavori socialmente utili". Fatto e diritto 1. - Con decreto-legge 24 novembre 2000, n. 346, lo Stato e' nuovamente intervenuto nell'ambito materiale designato dei "lavori socialmente utili": dunque, in un campo riservato alle attribuzioni proprie, per cio' solo regolabili con assoluta discrezionalita'. Nell'avvalersi della fonte normativa precaria dell'atto avente forza di legge prevista dall'art. 77 della Costituzione, ha principalmente integrato quanto stabilito dall'art. 45, comma 6, della legge 17 maggio 1999, n. 144, e dal decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, quest'ultimo riguardante "Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a nonna dell'art. 45, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144". 2. - L'art. 2 del decreto-legge n. 346/2000 dispone - oltre al differimento della data di presentazione della domanda di ammissione alla contribuzione volontaria (comma 1) - che possano essere stipulate le convenzioni di cui all'art. 8, comma 1, del decreto legislativo, n. 81/2000, nonche' convenzioni ulteriori tra il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e le regioni "nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo per l'occupazione" e "in riferimento a situazioni straordinarie" (comma 2). Cio' che conta e' che il teto del decreto-legge, invece di limitarsi alla previsione dello strumento negoziale (com'e', ad esempio, nell'art. 8 del decreto legislativo n. 81/2000), predetermina il contenuto delle convenzioni, dal momento che le medesime debbono necessariamente prevedere (come si desume dall'uso del predicato verbale "prevedono"): a) la realizzazione, da parte delle regioni, di programmi di stabilizzazione dei soggetti di cui all'art. 2, comma 1, del citato decreto legislativo n. 81 del 2000, con l'indicazione di una quota predeterminata di soggetti da avviare alla stabilizzazione che, per il primo anno, non potra' essere inferiore al 30 per cento del numero dei soggetti appartenenti al bacino regionale; le convenzioni possono essere annualmente rinnovate, a condizione che vengano raggiunti gli obiettivi di stabilizzazione dei soggetti di cui al citato art. 2, comma 1; b) le risorse finanziarie necessarie ad assicurare a tutti i soggetti non stabilizzati entro il 31 dicembre 2000, ad esclusione di quelli impegnati in attivita' progettuali interregionali di competenza nazionale e dei soggetti che maturino il cinquantesimo anno di eta' entro il 31 dicembre 2000, anche a copertura dell'erogazione della quota di cui all'art. 4 comma 2, del citato decreto legislativo n. 81 del 2000, del 50 per cento dell'assegno per prestazioni in attivita' socialmente utili e dell'intero ammontare dell'assegno al nucleo familiare, che le regioni si impegnano a versare all'I.N.P.S.; nonche', nell'ambito delle risorse disponibili a valere sul Fondo per l'occupazione, un ulteriore stanziamento di entita' non inferiore al precedente, finalizzato ad incentivare la stabilizzazione dei soggetti interessati da situazioni di straordinarieta'; a tale scopo per l'anno 2001, verranno utilizzate le risorse destinabili alle regioni, ai sensi dell'art. 8, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 81 del 2000, tenendo conto dei conguagli derivanti dall'applicazione dell'art. 45 comma 6, della legge n. 144 del 1999; c) la possibilita' di impiego, da parte delle regioni, delle risorse del citato Fondo per l'occupazione, destinate alle attivita' socialmente utili e non impegnate per il pagamento di assegni, per misure aggiuntive di stabilizzazione e di politica attiva del lavoro e per il sostegno delle situazioni di maggiore difficolta'". A cio' si aggiunga che l'attivazione delle convenzioni comporta che sia trasferita alle regioni la "responsabilita' di destinazione delle risorse finanziarie" (comma 3), ed e' infine prevista la facolta' - per regioni ed enti locali - di effettuare, a certe condizioni. "assunzioni di soggetti collocati in attivita' socialmente utili" (comma 5). 3. - Ove si legga anche affrettatamente il disposto dell'art. 2 del decreto-legge n. 346/2000, ci si avvede che esso contrasta con una molteplicita' di parametri fissati in norme di rango costituzionale. a) Sotto un primo profilo, l'analitica e unilaterale puntualizzazione del contenuto della convenzione, nel prevedere azioni da compiere da parte della regione, attraverso l'utilizzo di proprio personale e di proprie strutture, finisce per porsi in contrasto con il dettato dell'art. 4, n. 1), dello Statuto di autonomia (approvato con legge costituzionale n. 1/1963), il quale attribuisce alla potesta' legislativa regionale primaria la materia dell'"ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione". E' evidente, infatti, che tale contenuto convenzionale imposto esclude che la regione possa valutare autonomamente l'incidenza e, quindi, la ricaduta sulle proprie strutture degli obiettivi piu' generali e delle opzioni piu' concrete unilateralmente individuati dallo Stato: il quale, se ha il diritto di avvalersi dell'ordinamento dei livelli substatali di governo ha il dovere, tuttavia, di operare nel rispetto del principio costituzionale di leale collaborazione, evitando intromissioni che, ove considerate sul piano organizzativo, sono lesive delle accennate, sicure prerogative costituzionali, che oltretutto "non incontrano il limite degli interessi" (come rileva Paladin, Diritto regionale, Padova, 2000, 126). b) Sotto un secondo e connesso profilo, le censure suindicate comportano la violazione, altresi', dell'art. 97 della Costituzione: nel senso che le disposizioni del decreto-legge sono suscettibili di incidere sul funzionamento ottimale degli uffici regionali, la' dove appunto l'art. 2 del testo normativo indica, relativamente ai "programmi di stabilizzazione" dei "soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili" (ex art. 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2000), quantita' di persone e ammontari di risorse, senza che sia possibile individuarne la ricaduta nell'ambito di un rapporto Stato-Regioni reciprocamente libero, come deve essere quando si misurano l'autonomia di una parte con l'autonomia della controparte. Ed e' qui che si concretizza una evidente lesione dell'autonomia funzionale della regione. c) Sotto un terzo rilevante profilo, e' l'insieme delle previsioni dell'art. 2, riguardanti l'autonomia finanziaria, a collidere con quanto stabilito dall'art. 48 dello Statuto, la' dove questo prevede che "la regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta' nazionale ...". Infatti, come si avra' modo di chiarire in una successiva memoria, il vincolo delle risorse posto dall'art. 2, secondo comma, (si tratta dell'inciso "nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo per l'occupazione"), combinato con determinazioni quantitative di interventi rigide (sub lett. a) si parla di "indicazione di una quota predeterminata di soggetti da avviare alla stabilizzazione che, per il primo anno, non potra' essere inferiore al 30 per cento del minimo dei soggetti appartenenti al bacino regionale") e con l'attribuzione alla regione della "responsabilita' di destinazione delle risorse finanziarie" (art.2, terzo comma), finisce per interferire con le scelte, sicuramente riservate dallo Statuto alla regione, di modulare gli interventi sopportabili con le risorse disponibili: le quali, ultime, neppure crerte e non commisurabili alla percventuale rigida di soggetti appartenenti al bacino regionale possono, a conti fatti, essere inadeguate, comportando, per cio' solo, pure la violazione dell'art. 81, quarto comma della Costituzione.